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Il Tribunale della Spezia ha di recente affrontato la questione della risarcibilità del danno non patrimoniale subito dal padrone a seguito dell’errata diagnosi del medico-veterinario che ha portato al decesso dell’animale d’affezione.
Il danno non patrimoniale subito non può ritenersi sussistente in re ipsa. Il danneggiato, infatti, per vedersi riconosciuto il risarcimento è tenuto a dimostrare di aver subito un effettivo pregiudizio in termini di sofferenza patita per la perdita dell’animale.
Tale prova può essere data anche attraverso presunzioni, che siano gravi, precise e concordanti. Tuttavia, gli elementi indiziari posti a sostegno della prova devono essere diversi dal fatto in sé del decesso dell’animale.
Tuttavia, può pacificamente dirsi che il rapporto tra padrone e animale deve ormai considerarsi come “espressione di una relazione che costituisce occasione di completamento e sviluppo della personalità individuale e, quindi, come vero e proprio bene della persona, tutelato dall’art. 2 della Costituzione “.
Come già chiarito in passato dalla giurisprudenza non può più considerarsi “futile” la perdita dell’animale d’affezione, che invece è un evento tale da integrare una lesione dell’interesse della persona alla conservazione della propria sfera relazionale-affettiva.
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Poveri piccoli 😭
Vanno tutelati anche loro!