Unioni Civili – Legge Cirinnà: cosa sono e quali i diritti riconosciuti alle unioni tra persone dello stesso sesso

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Il 20 maggio 2016 con la legge n. 76/2016 (c.d. Legge Cirinnà) entrano nel panorama giuridico italiano le c.d. “unioni civili”. Ma cosa sono e quali diritti vengono riconosciuti alle unioni tra persone dello stesso sesso?

COSA SONO LE UNIONI CIVILI?

Il co. 1 dell’art. 1 L.76/2016 definisce l’unione civile tra persone dello stesso sesso come «specifica formazione sociale ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione», annoverandola in tal modo fra quelle tutelate dalla Repubblica perché in essa vi si svolge la personalità degli individui che la compongono.

Le unioni civili sono, dunque, quelle unioni fondate su vincoli affettivi ed economici, alle quali l’ordinamento riconosce uno status giuridico che per molti versi è analogo a quello attribuito al matrimonio.

Viene riconosciuto alle coppie dello stesso sesso la facoltà di stipulare delle unioni civili e alle coppie conviventi, a prescindere dal sesso dei loro componenti, di regolare formalmente la loro convivenza da un punto di vista economico

L’EVOLUZIONE GIURISPUDENZIALE

La disciplina sulle unioni civili è regolata dai commi da 1 a 35 dell’unico articolo della Legge 20 maggio 2016, n.76 recante “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”.

Questa legge rappresenta il risultato di un lungo e travagliato iter di carattere politico-normativo, caratterizzato da un’iniziale reticenza nel riconoscimento giuridico dei nuovi “modelli familiari”. L’epocale svolta deriva anche da pressioni da parte di organismi internazionali, prima fra tutte la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha condannato l’Italia per la mancante legislazione sulle unioni civili, in violazione dell’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della C.E.D.U.

Nel nostro paese una pietra miliare in materia è rappresentata dalla sentenza della Corte Costituzionale  n. 138 del 15 aprile 2010, dopo aver chiarito al p.to 8 del considerato in diritto che: «L’art. 2 della Costituzione dispone che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale», e che: «per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico.», statuisce che: «In tale nozione è da annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri».

La Cassazione, richiamando tra l’altro anche la sentenza 138 della Corte costituzionale, è giunta a conclusioni simili con la sentenza del 15 marzo 2012, n. 4184, nella quale pur ritenendo inammissibile il matrimonio omosessuale poiché non riconosciuto dalla nostra Costituzione, tuttavia: « a prescindere dall’intervento del legislatore in materia, quali titolari del diritto alla “vita familiare” e nell’esercizio del diritto inviolabile di vivere liberamente una condizione di coppia e del diritto alla tutela giurisdizionale di specifiche situazioni, [ le coppie omosessuali ] possono adire i giudici comuni per far valere, in presenza appunto di “specifiche situazioni”, il diritto ad un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata e, in tale sede, eventualmente sollevare le conferenti eccezioni di illegittimità costituzionale delle disposizioni delle leggi vigenti […] ».

Dunque, l’evoluzione giurisprudenziale e i continui rinvii operati al legislatore per un intervento in materia sono stati determinanti per il riconoscimento delle unioni civili nel nostro paese.

COME SI COSTITUISCONO LE UNIONI CIVILI?

Possono costituire un’unione civile due persone maggiorenni dello stesso sesso, mediante dichiarazione dinnanzi ad un ufficiale di stato civile ed alla presenza di (almeno) due testimoni.

La costituzione dell’unione civile avviene mediante l’iscrizione del relativo atto, sottoscritto dalle parti, dai testimoni e dall’ ufficiale di stato civile, nel registro delle unioni civili nell’archivio dello stato civile.

Nel documento che attesta la costituzione del vincolo, oltre ai dati anagrafici della coppia, vanno indicati la loro residenza, il regime patrimoniale prescelto tra la comunione dei beni e la separazione dei beni e l’identità, la residenza e i dati anagrafici dei testimoni. 

Il cognome di famiglia viene scelto dalla coppia tra i loro, dichiarandolo all’ufficiale di stato civile e fatta salva la possibilità  di ognuno di anteporre o posporre il cognome dell’altro al proprio.

LE CAUSE IMPEDITIVE DELL’UNIONE (comma 4)

  •  la sussistenza, per una delle parti, di un vincolo matrimoniale o di un’unione civile; 
  • l’interdizione per infermità di mente di una delle parti;
  • l’esistenza, fra le parti, dei rapporti di parentela o di affinità di cui all’ articolo 87 co. 1 del Codice civile;
  •  la condanna definitiva di una delle parti per omicidio consumato o tentato nei confronti di chi sia coniugato o unito civilmente con l’altra parte.

La sussistenza di anche una sola di queste cause comporta automaticamente la nullità dell’unione civile (co.5), che può essere impugnata da ciascuna delle parti, dai loro ascendenti prossimi, dal P.M. e da chiunque ne abbia interesse legittimo e attuale (co.6).

Come il matrimonio, l’unione può altresì essere impugnata non solo quando il consenso sia stato estorto con violenza o timore ingenerato da terzi, ma anche quando tale consenso sia effetto di errore essenziale su qualità personali dell’altro partner (co.7). Per errore essenziale deve intendersi un fatto decisivo ai fini del consenso, riguardante l’esistenza di una malattia fisica o psichica tale da impedire lo svolgimento della vita comune, ovvero taluna delle circostanze di cui all’articolo 122 comma 3, nn. 2, 3 e 4 del Codice civile, cui lo stesso comma 7 della legge 76 fa rinvio.

E’ bene rammentare che, ove la coppia abbia coabitato per un anno dalla cessazione della violenza, o delle cause che hanno determinato il timore, ovvero dalla scoperta dell’errore essenziale, l’azione non può essere più proposta.

DIRITTI E DOVERI RECIPROCI

Il comma 11 ricalca quasi fedelmente il disposto di cui all’articolo 143 del Codice civile, recante “Diritti e doveri reciproci dei coniugi”.

Con l’unione civile sorgono obblighi reciproci:

  • all’ assistenza morale e materiale;
  • alla coabitazione;
  • alla contribuzione ai bisogni comuni in relazione alle proprie sostanze.

Tuttavia, per le unioni civili non sono vigenti gli obblighi matrimoniali della fedeltà e della collaborazione nell’ interesse della famiglia.

L’assenza di un così importante obbligo coniugale quale quello della fedeltà verrebbe giustificato in dottrina ed in giurisprudenza, poiché riconducibile al più ampio vincolo di reciproca assistenza morale. E’ stato anche sostenuto in dottrina che l’obbligo di fedeltà nel matrimonio è prescritta al fine di evitare la c.d. turbatio sanguinis, obbligo assente nelle unioni civili perchè superfluo imporlo ad una coppia omosessuale, incapace per natura alla procreazione.

REGIME PATRIMONIALE

Per quanto riguarda i rapporti patrimoniali fra gli uniti civilmente, la disciplina dettata dal comma 13, impone il regime patrimoniale legale (ossia quello della comunione) e la separazione dei beni resta una possibilità  della quale avvalersi in maniera espressa.

Sempre con riferimento al regime patrimoniale va poi specificato che anche i soggetti uniti da un’unione civile possono costituire un fondo patrimoniale, con il quale gli uniti civilmente possono destinare determinati beni, con tutti i limiti e le regole di cui agli articoli 167 e ss. del Codice civile, a far fronte ai bisogni dell’unione.

In materia di amministrazione di sostegno che abbia quale beneficiario una parte di un’unione civile, il comma 15 prevede espressamente che il giudice tutelare, nella scelta dell’amministratore, debba preferire, ove possibile, l’altra parte.

LA STEPCHILD ADOPTION

Altra fondamentale differenza rispetto al matrimonio tra coppie eterosessuali è rappresentata dai figli.

Originariamente il disegno di legge S. 14 – 17° Legislatura sulle unioni civili prevedeva la possibilità per un partner di adottare il figlio minore dell’altro partner. Tale questione è stata molto dibattuta nel corso dell’approvazione della legge, tanto che, contenuta nell’originario disegno di legge, è stata stralciata nella fase che ha portato all’emanazione del testo normativo.

L’adozione è consentita solo ed esclusivamente con le forme ed entro i limiti stabiliti dalle norme vigenti.

Infatti non è riconosciuta la possibilità  che il figlio minore di un componente della coppia (nato da fecondazione eterologa o da gestazione per altri) instauri un rapporto di genitorialità  sociale con l’altro a seguito di adozione (cd. stepchild adoption).

Sul punto è intervenuta la Corte di cassazione con Sentenza n. 12962 pubblicata il 22 giugno 2016, con la quale ha consentito ad una coppia omosessuale unita civilmente di ricorrere alla c.d. stepchild adoption ai sensi dell’articolo 44 lett. b) della l. n. 184 del 4 maggio 1983. Nello specifico i Giudici della suprema Corte hanno stabilito che: «[…] non determina in astratto un conflitto di interessi tra il genitore biologico e il minore adottando, ma richiede che l’eventuale conflitto sia accertato in concreto dal giudice […]». Secondo la Cassazione, inoltre, questa adozione «[…] prescinde da un preesistente stato di abbandono del minore e può essere ammessa sempreché, alla luce di una rigorosa indagine di fatto svolta dal giudice, realizzi effettivamente il preminente interesse del minore […]»

Si tratta di una forzatura del testo di legge, che può giustificarsi, secondo alcune recenti sentenze, quando sussista il c.d. best interest, ossia l’interesse migliore” del minore a vedersi riconosciuta una relazione già consolidatasi in fatto con il “genitore sociale”. Viene spostata l’attenzione dal diritto alla genitorialità (della coppia) all’ interesse alla genitorialità (del minore).

RAPPORTI SUCCESSORI

Una particolare attenzione la merita la disciplina delle successioni, estesa dalla legge Cirinnà  anche alle unioni civili.

Dal punto di vista successorio, la disciplina di cui al comma 21 rinvia alle norme del Codice civile per quel che concerne: l’indegnità (articoli da 463 a 466 del Codice civile), la tutela dei legittimari (articoli da 536 a 564 del Codice civile), la disciplina sulle successioni legittime (articoli da 565 a 586 del Codice civile), la collazione (articoli da 737 a 751 del Codice civile) e il patto di famiglia (articoli da 768 bis a 768 octies del Codice civile).

Successioni legittime: Da tale estensione, infatti, deve farsi discendere innanzitutto che tutta la disciplina della successione legittima riguarda anche la parte dell’unione civile nella medesima maniera del coniuge, con la conseguenza che al partner omosessuale del de cuius spetterà  l’intera eredità  in mancanza di figli, fratelli, sorelle e ascendenti del defunto; i due terzi dell’eredità in presenza di ascendenti, fratelli o sorelle del defunto; metà  dell’eredità  in caso di concorso con un solo figlio o un suo terzo in caso di concorso con più figli del defunto.

Successione ereditaria: il coniuge e la parte di un’unione civile sono interamente equiparati. Di conseguenza, quest’ultima ha sempre il diritto di abitazione sulla casa familiare e di uso sui mobili che l’arredano. Inoltre, al partner omosessuale unito dal de cuius dal vincolo di unione civile è riservato un terzo del patrimonio se concorre con un figlio del defunto, un quarto del patrimonio se concorre con più di un figlio del defunto, la metà del patrimonio se concorre con gli ascendenti del defunto.

Ai sensi del co. 25, restano altresì fermi i diritti dell’ex unito civilmente superstite, previsti dagli articoli 9 co.2 e 9 bis della l. 1° dicembre 1970, n.898, relativi all’ assegno divorzile e alla pensione di reversibilità, ove ne ricorrano i presupposti.

E’ importante notare che tali rinvii sono operati esclusivamente per le coppie unite civilmente, non anche per i conviventi, per i quali poco è cambiato dopo l’entrata in vigore della legger 76.

Indegnità a succedere: è indegno a succedere anche chi ha volontariamente ucciso o tentato di uccidere il partner dell’unione civile del soggetto al quale si succede (salva la sussistenza di cause di esclusione della punibilità ) o ha commesso in suo danno un fatto al quale sono applicabili le disposizioni dettate per l’omicidio.

E’ inoltre indegno chi ha denunciato la parte dell’unione civile per un reato punibile con l’ergastolo o o con la reclusione non inferiore a tre anni se tale denuncia è stata accertata come falsa all’esito di un giudizio penale. 

CONGEDI E TFR

La legge Cirinnà  riconosce, in caso di morte del lavoratore, il diritto del partner al pagamento di tutte le indennità  previste dalla legge.

Peraltro, anche se l’unione civile si scioglie, il partner ha diritto al 40% del T.F.R. dell’ex, maturato negli anni in cui il vincolo era in essere, purchè non vi sia stato, successivamente, un matrimonio o una nuova unione civile.

Alle unioni civili, si applicano, poi le discipline del congedo matrimoniale e del licenziamento in costanza di matrimonio (da considerarsi nullo), nonchè le disposizioni in materia di permessi per lutto o per eventi particolari o per l’ assistenza del coniuge disabile e quelle in materia di trattamento economico, per massimo due anni, per assistere una persona affetta da disabilità  accertata.

Anche il componente di un’unione civile ha, infine, la priorità  per la trasformazione del rapporto di lavoro da full time a part time nel caso in cui abbia la necessità  di assistere il partner malato oncologico

LO SCIOGLIMENTO

L’unione civile tra persone dello stesso sesso, come il matrimonio, si scioglie ope legis quando viene dichiarata la morte presunta di una delle parti (co. 22), nonché nei casi previsti dal co. 23, il quale fa espresso rinvio alla l. 1° dicembre 1970, n. 898. In ogni caso il procedimento di scioglimento è regolato mediante il rinvio alla procedura del divorzio, non si applica, infatti, la fase della separazione così come previsto per il matrimonio.

E’ opportuno notare come nel caso in cui uno degli uniti civilmente muti sesso, l’unione civile si scioglie, mentre ove a mutare sesso sia uno dei due coniugi, il matrimonio non si scioglie, ma qualora risulti l’intenzione dei coniugi di non sciogliere il vincolo, si trasforma automaticamente in unione civile.

LE UNIONI CIVILI NEL MONDO

Danimarca: le unioni tra persone dello stesso sesso sono state disciplinate in questo paese già a partire dal 1989.

Francia: Nell’ordinamento giuridico francese è in vigore dal 1999 la legge che ha instaurato il c.d. PACS (cioè il Pacte civil de solidarité ovvero letteralmente il “patto civile di solidarietà”) con il quale diviene convivenza more uxorio anche quella tra persone dello stesso sesso. Dal 18 maggio 2013 è consentito nel paese alle persone dello stesso sesso di contrarre matrimonio.

Gran Bretagna: La legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso nel Regno Unito è iniziata nel 2014 con Inghilterra (Civil Partnership Act britannico), Galles e Scozia ed è stata estesa nel 2020 all’Irlanda del Nord.

Tra i paesi al di fuori dell’UE che hanno provveduto a regolamentare e riconoscere il matrimonio fra persone dello stesso sesso, possiamo ricordare il Canada (nel 2005), il Sud Africa (nel 2006) e l’Argentina (nel 2010). Anche negli Stati Uniti d’America, dopo una storica pronuncia della Corte Suprema (pronuncia del 26 giugno 2015, caso Obergefell v. Hodges) che ha reso incostituzionali le leggi statali che vietino le nozze gay, queste sono state legalizzate in tutto il paese in base al quattordicesimo emendamento della Costituzione U.S.A. che tutela i diritti civili.