SCARCERAZIONE BOSS: tutela costituzionale o debolezza dello Stato?

EMERGENZA CORONAVIRUS: scarcerazione dei boss

La notizia della scarcerazione di alcuni boss, quale effetto dell’emergenza Coronavirus esplosa anche nei penitenziari italiani, sta suscitando polemiche e timori nell’opinione pubblica.

Cosa sta succedendo?

In questi giorni è balzata alle cronache la notizia della concessione degli arresti domiciliari a Francesco Bonura, boss di Casa Nostra e colonnello di Bernardo Provenzano, detenuto in regime di 41 bis, condannato in via definitiva nel 2012 per associazione mafiosa ed estorsione alla pena di  18 anni e 8 mesi.

Questa scarcerazione ha sollevato una forte polemica. Duro il commento del magistrato Nino Di Matteo, che sulla decisione del Tribunale di sorveglianza di Milano commenta: “Lo Stato sta dando l’impressione di essersi piegato alle logiche di ricatto che avevano ispirato le rivolte. E sembra aver dimenticato e archiviato per sempre la stagione delle stragi e della Trattativa stato- mafia“. Anche le reazioni politiche non si sono fatte attendere e se da un lato il Pd e il Movimento 5 stelle hanno chiesto la convocazione della commissione Antimafia, la Lega e tutto il centrodesta attaccano l’esecutivo.

Le polemiche muovono dall’accusa che la scarcerazione di Bonura sia legata ai provvedimenti speciali contenuti nel decreto Cura Italia. Attacco che ha costretto il Ministro Bonafede a commentare “Tutte le leggi approvate da questa maggioranza e riconducibili a questo governo sanciscono esplicitamente l’esclusione dei condannati per mafia da tutti i cosiddetti benefici penitenziari” e ad avviare delle attività di verifica sul caso Bonura.

Anche il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha emanato una nota per spiegare le motivazioni alla base del beneficio concesso “la scarcerazione di Bonura è basata su un provvedimento adottato secondo la normativa ordinaria applicabile a tutti i detenuti, anche condannati per reati gravissimi, a tutela dei diritti costituzionali alla salute e all’ umanità della pena”. Il boss di Cosa nostra, continua la nota dei giudici, era “affetto da gravissime patologie” e gli rimanevano da scontare 11 mesi, 8 con la liberazione anticipata. La valutazione del quadro patologico del detenuto, tenuto conto dell’età avanzata, delle problematiche di natura oncologica e cardiaca, alla luce dell’attuale emergenza sanitaria e del correlato rischio di contagio, potenziato dalla ulteriore difficile questione di sovraffollamento carcerario, ha giustificato la scelta del magistrato di provvedere al differimento dell’esecuzione della pena.

Dunque, Bonura non è stato scarcerato in base a leggi speciali varate dall’ esecutivo per combattere la diffusione del contagio nelle carceri, ma ricorrendo alla normativa ordinaria. Tuttavia la situazione emergenziale causata dal virus è stata rilevante alla luce della valutazioni poste in essere dal Tribunale di Sorveglianza.

Facciamo chiarezza. Nel decreto Cura Italia è stata prevista l’alternativa della detenzione domiciliare, quale misura emergenziale in risposta al contenimento della diffusione del virus nei penitenziari notoriamente sovraffollati, per i detenuti condannati per reati di minore gravità, e con meno di 18 mesi da scontare.

Il 21 marzo del 2020 il Dipartimento amministrazione penitenziaria (DAP) ha trasmesso una circolare per chiedere agli istituti penitenziari di stilare una lista dei detenuti over 70 e con patologie rilevanti e di fornirla “con solerzia all’autorità giudiziaria, per eventuali determinazioni di competenza”. In vista dell’assenza nella circolare DAP di distinzione tra i detenuti, quegli elenchi si sono aperti anche ad ultrasettantenni detenuti in regime di 41 bis.

Proprio in concomitanza con la scarcerazione di Bonura, il DAP ha reso noto che la circolare del 21 marzo 2020 era “un semplice monitoraggio con informazioni per i magistrati sul numero di detenuti in determinate condizioni di salute e di età, comprensive delle eventuali relazioni inerenti la pericolosità dei soggetti, che non ha, né mai potrebbe avere, alcun automatismo in termini di scarcerazioni”. Dunque chiarendo che le scelte relative alla detenzione domiciliare, come nel caso di Bonura, sono frutto non di un inammissibile automatismo di scarcerazione ma di scelte e ponderazioni ad appannaggio dei magistrati.

La polemica viene alimentata da chi denuncia il pericolo che i detenuti in regime di 41 bis possano sfruttare la situazione emergenziale, dovuta alla diffusione del Covid – 19, quale strumento per ottenere la detenzione domiciliare e sottrarsi così al più duro regime carcerario.

Dall’altro, come lo stesso Tribunale di Sorveglianza di Milano ricorda, c’è chi sottolinea come il nostro sistema giuridico sia fondato sulla Costituzione, nella quale la tutela del diritto alla salute e all’umanità della pena siano diritti fondamentali costituzionalmente garantiti. Diritti che non possono essere nè violati nè ignorati, a prescindere dai reati commessi dal soggetto, soprattutto alla luce di quella finalità rieducativa e non punitiva che caratterizza la condanna stessa nel nostro ordinamento giuridico.