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IL CASO
La vicenda trae origina dalla condanna, per il delitto di cui all’art. 589 c.p., di un automobilista, che, in violazione dell’ 141 co. 1,2,3 C.d.S., nel procedere in zona abitata ad una velocità non adeguata alle caratteristiche del tratto e all’asfalto bagnato per il violento temporale, investiva, cagionando lesioni personali da cui derivava il decesso, un pedone intento ad attraversare la strada al di fuori delle strisce pedonali.
Il giudice di primo grado, concludendo che il pedone fosse visibile dall’automobilista e, dunque, prevedibile un suo eventuale attraversamento, ritenendo configurabile una condotta colposa dell’imputato, lo condannava alla pena di mesi sei di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Con unico motivo di appello, l’imputato lamentava che il sinistro mortale si fosse verificato esclusivamente per fatto illecito della vittima.
In particolare, analizzando le emergenze istruttorie, evidenziava la condotta del pedone, che avrebbe attraversato la strada senza usufruire delle strisce pedonali, nonostante l’incipiente arrivo dell’autovettura, facilmente visibile per la presenza dei proiettori ed a velocità – così come acclarato dal Ct del Pm – inferiore al limite stabilito di 50 km/h.
La Corte d’Appello confermava la pronuncia di condanna di primo grado.
Avverso tale provvedimento l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, con unico motivo, lamentando l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale – per manifesta illogicità, carenza e contraddittorietà della motivazione – nonché travisamento della prova.
Ci si duoleva, in particolare, che la Corte territoriale fosse giunta ad escludere l’esistenza di una condotta imprudente ascrivibile al pedone, sulla base del positivo accertamento della responsabilità colposa, per violazione delle norme del codice della strada, da parte dell’imputato, sebbene fosse pacifico che il pedone, in siffatte condizioni di tempo e della strada, non aveva fatto prudente uso delle strisce pedonali: sul punto il ricorrente rilevava che il pedone aveva posto in essere un comportamento colposo costituente causa esclusiva del suo investimento.
La sentenza
La Suprema Corte osserva che all’imputato non viene contestato il superamento dei limiti di velocità imposti dal codice della strada, ma la prescrizione di cui all’art. 141 C.d.S: le condizioni metereologiche avverse, il centro abitato e la ridotta visibilità, avrebbero dovuto orientare la condotta dell’automobilista alla massima attenzione e prudenza, “a fronte di un evento, quale lì attraversamento di un pedone, non certo imprevedibile”.
Secondo la Corte di legittimità, il rispetto del limite massimo di velocità non vale ad escludere la condotta colposa dell’automobilista.
La Suprema Corte, nella sentenza in questione, analizza un importante principio in tema di circolazione ossia il principio di affidamento.
Secondo tale principio ciascuno è tenuto ad osservare la regola cautelare riferibile al proprio modello di agente ed alla propria attività, e ha l’obbligo di contenere i rischi prevedibili ed evitabili che scaturiscono dal proprio comportamento, senza doversi anche “preoccupare” di evitare i rischi che possono derivare dall’altrui comportamento illecito.
Il suddetto principio, in tema di circolazione stradale, trova un temperamento nell’opposto principio secondo il quale l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui, purchè questo rientri nel limite della prevedibilità (cfr. ex multis Cass., sez. IV, n. 51747 del 27.11.2019).
Pertanto, il conducente che noti sul proprio percorso la presenza di pedoni che tardano a scansarsi, deve rallentare la velocità, e, occorrendo, anche fermarsi.
In tema di reato colposi (omicidio o lesioni) posti in essere nell’ambito della circolazione stradale, per escludere la responsabilità del conducente per l’investimento del pedone è necessario che la condotta di quest’ultimo si ponga come causa eccezionale ed atipica, imprevista e imprevedibile dell’evento, che sia stata da sola sufficiente a produrlo.
Nel caso di specie, non ravvisando un’ipotesi in tal senso, ritenendo invece che dalle risultanze istruttorie valorizzate dai giudici di merito fosse assolutamente visibile – e prevedibile – l’attraversamento del pedone successivamente investito, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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