Sentiamo spesso parlare dei “debito pubblico”, ma sappiamo cos’è? Per quale ragione l’Italia è cosi indebitata? E come incide il Covid- 19 sul nostro debito?
La Banca d’Italia rileva la crescita del debito pubblico italiano, con un incremento registrato a febbraio 2020 che porta la quota di debito a 2.447 miliardi di euro, avvicinandosi al picco massimo registrato nel luglio 2019 quando il debito giunse alla quota di 2.467 miliardi di euro.
CHE COS’E’ IL DEBITO PUBBLICO?
Il debito pubblico è il debito contratto da uno Stato per far fronte al proprio fabbisogno. I titolari del debito pubblico, ossia i creditori dello Stato, sono tutti quei soggetti che hanno finanziato lo Stato in qualche maniera, perlopiù grazie all’acquisto di titoli di Stato ossia obbligazioni emesse dallo stato con cui viene acquistato il debito statale dietro la corresponsione di interessi. Nel debito dello Stato vanno conteggiati anche gli interessi riconosciuti agli investitori .Grazie al debito pubblico ogni Stato finanzia la propria crescita economica, i servizi che offre ai cittadini, gli investimenti: per questo motivo una corretta gestione del debito pubblico è fra i più importanti compiti di ogni governo.
QUALI SONO I TITOLI DI STATO DEL DEBITO PUBBLICO?
Il debito pubblico italiano è costituito da titoli a medio-lungo termine e da titoli a breve termine.
Tra quelli a medio-lungo termine troviamo:
- i Btp (Buoni del tesoro poliennali con scadenza variabile da 3 a 50 anni);
- i Cct (Certificati di credito del tesoro).
Tra i titoli a breve termine abbiamo:
- i Bot (Buoni ordinari del tesoro con scadenza dai 3 ai 12 mesi);
- i Ctz (Certificati del tesoro zero coupon con scadenza a 24 mesi).
CHI DETIENE IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO?
Secondo l’analisi della Banca d’Italia relativa all’anno 2019 il debito pubblico del nostro paese è detenuto da:
- le Banche Centrali, BCE e Bankitalia per una quota pari al 20%;
- banche e altri istituti di credito per il 45%;
- investitori esteri con quota di circa il 30%;
- famiglie e imprese italiane per il 6%.
DEFICIT, SPESA PUBBLICA, INTERESSI SUL DEBITO: DIFFERENZE
Si parla di deficit quando le spese annuali sostenute dallo Stato superano le entrate, rendendo così necessario il ricorso al debito pubblico per finanziare le proprie attività. Questo va ad accrescere il deficit innescando un circolo vizioso che può anche portare al default di uno Stato (quando questo diventa insolvente e rifiuta di pagare i propri creditori).
Le uscite dello Stato sono composte sia dalla spesa pubblica che dall’interesse sul debito che va corrisposto agli investitori, che di volta in volta tendono a rinnovare l’impegno con lo Stato sottoscrivendo altri titoli di Stato.
TAGLI ALLA SPESA
Spesso si sente parlare di necessari tagli alla spesa pubblica. Perchè sono necessari? Per evitare di essere tagliate fuori dagli investimenti internazionali, lo Stato è costretto a contenere, o meglio ridurre, il debito pubblico e questo spesso si traduce nella vita reale in tagli alla propria spesa, con particolare attenzione al proprio Stato sociale (per esempio riducendo le risorse destinate alle scuole, ospedali e altri servizi di utilità pubblica). Proprio per garantire una degna assistenza ai cittadini e la sussistenza dei servizi essenziali, lo Stato cerca, in genere, di mantenere sotto controllo i livelli del proprio debito. Inoltre, per comprimere il proprio deficit ogni Stato può prevedere misure sul fronte delle entrate, per esempio con l’aumento delle tasse o le privatizzazioni.
TASSI D’INTERESSE
La gestione del debito pubblico è anche fortemente influenzata dalle decisioni di politica monetaria. Un taglio del costo del denaro, ossia dei tassi d’interesse, seppure teso alla stabilizzazione dei prezzi, comporta un minor costo del debito pubblico in quanto gli interessi che vengono pagati su di esso diminuiscono. Quando una banca centrale – per esempio la Banca centrale europea (BCE) – riduce il costo del denaro indirettamente alleggerisce il peso del debito pubblico contratto nella propria valuta, dunque in questo caso con effetti su tutti i paesi dell’Eurozona.
RAPPORTO TRA DEBITO PUBBLICO E PIL: I VINCOLI DI BILANCIO
Il Patto di Stabilità e Crescita ha imposto ai Paesi Membri, fra i quali l’Italia, vari parametri tesi a salvaguardare la tenuta de conti pubblici nazionali e del sistema finanziario comunitario. In particolare:
- il deficit non deve superare il 3% del Pil. Sono previste delle deviazioni dalla norma in caso di circostanze eccezionali (come terremoti o epidemie come quella da Coronavirus);
- il debito pubblico deve essere inferiore al 60% del Pil. Se fosse superiore (come nel caso dell’Italia), il Paese membro deve ridurre la differenza che lo separa dall’ obiettivo di un ventesimo l’anno;
- viene posto un obiettivo di medio termine (OMT) del deficit strutturale;
- la spesa pubblica non deve crescere più velocemente del tasso di crescita medio potenziale del Pil.
DEBITO PUBBLICO E CORONAVIRUS
L’attuale emergenza sanitaria ha notevolmente impennato la spesa pubblica a fronte di una forte contrazione del PIL, provocando una terribile reazione da parte delle agenzie di raiting. L’agenzia americana Fitch ha declassato l’Italia portandola a Bbb-, un livello sopra quello junk, spazzatura, generando un forte allarme tra gli investitori circa la capacità del nostro paese di assolvere ai propri debiti. Mentre Standard & Poor’s ha confermato la valutazione dell’Italia pre – pandemia.
Non si è fatta attendere la risposta del Ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, che ha ribadito la stabilità dell’economia italiana.
Secondo le stime del Governo l’Italia registrerà una caduta del PIL pari all’ 8%, mentre il Fondo monetario internazionale stima un crollo del 9,1%, con un rapporto debito pubblico/PIL ai limiti della sostenibilità.