Facebook può chiudere il profilo dell’utente senza motivo?

IL CASO

Facebook chiude un profilo di un professionista titolare di una pagina recante come account il proprio nome e cognome, a cui aveva collegato due pagine di collezionismo e storia militare.

Premesso che quando un utente si iscrive al social accetta le condizioni d’uso, tuttavia nel momento in cui Facebook decide di chiudere il profilo o la pagina, per correttezza e buona fede dovrebbe comunicare all’utente le ragioni della propria decisione, prima di chiudergli arbitrariamente il profilo.

LA DECISIONE

Il Tribunale di Bologna con l’ordinanza del 10 marzo 2021 ha precisato che Fcebook non può essere considerato solo un social bensì un luogo in cui chi si iscrive intrattiene relazione e ne crea di nuove, oltre a manifestare le proprie idee.

Pertanto, la società che gestisce il social deve risarcirlo perché così facendo gli ha creato un danno alla vita di relazione e alla sua libertà di espressione.

Un danno che è stato quantificato in 10.000 euro per la chiusura del profilo e in 2000 euro per ognuna delle due pagine cancellate.

Nella sentenza il Tribunale si mostra particolarmente critico verso la società Facebook che, inoltre, ha distrutto tutta la documentazione contrattuale attribuendone la responsabilità all’utente, poichè avrebbe temporeggiato 7 mesi prima di avviare il procedimento.

Distruzione che il Tribunale ha ritenuto scorretta e contraria a buona fede poiché non ha reso possibile verificare l’andamento del rapporto contrattuale.

IL CASO DI CASAPOUND

Il Tribunale di Roma con l’ordinanza n. 59264 del 12 dicembre 2019 è stato adito da Casa Pound, a cui Facebook aveva oscurato la pagina dell’Associazione con contestuale chiusura del profilo dell’amministratore della pagina.

Facebook motiva la chiusura del profilo perché l’Associazione nelle sue pagine, contravvenendo alle regole del social, avrebbe incitato all’odio e alla violenza.

LA DECISIONE

Il Tribunale però è in disaccordo con la tesi prospettata dal social.

In particolare non si può sostenere che l’Associazione sia responsabile civilmente di eventi rilevanti anche sotto il profilo penale, se commessi dai suoi aderenti. Essa non può farsi carico del modo in cui i suoi membri si esprimono, per cui non le può essere preclusa la possibilità di esprimere liberamente il proprio pensiero da una piattaforma così rilevante come Facebook.

L’esclusione dell’Associazione da Facebook viola il diritto al pluralismo ideologico e comprime la sua facoltà di diffondere i suoi messaggi politici. Facebook per questo è stata condannata a procedere alla riattivazione immediata della pagina dell’Associazione e del profilo del suo Amministratore e le è stato inflitto il pagamento di una penale di 800 euro per ogni giorno di ritardo.