ESTORSIONE E TERRORISMO: E’ LECITO PAGARE I RISCATTI?

E’ sempre più diffusa la pratica da parte dei terroristi di sequestrare ostaggi in cambio di un riscatto. Ma gli Stati possono cedere alle pretese dei rapitori? E’ legale pagare il riscatto?

La notizia del rilascio dell’attivista Silvia Romano ha, come ormai sappiamo, generato polemiche e scontri di ogni tipo: quanto ci è costata? Abbiamo finanziato i terroristi? Si è sposata con uno dei terroristi? Perchè si è convertita? E più ne ha più ne metta.

Al di là di ogni polemica e considerazione sul caso concreto, spostiamo la nostra attenzione sul piano giuridico e cerchiamo di capire cosa prevede il diritto interno e internazionale in caso di sequestro di persona a scopo di estorsione e cosa è previsto laddove i sequestratori siano dei terroristi internazionale.

SEQUESTRO DI PERSONA A SCOPO DI ESTORSIONE

Il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione è disciplinato nel nostro ordinamento dall’art. 630 del codice penale.

Ratio del reato ex art. 630 c.p.

La disposizione in esame trova fondamento non solo nella necessità di tutelare il patrimonio individuale, ma anche la libertà personale del singolo.

Tale reato ha una struttura complessa in quanto va a comporsi sia della privazione della libertà personale ex art. 605 c.p. ( Sequestro di personaChiunque priva taluno della libertà personale è punito con la reclusione da sei mesi a otto anni – art. 605, c.1 c.p.), sia dell’estorsione ex art. 629 c.p. (EstorsioneChiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000art.629, c.1 c.p.).

L’elemento soggettivo che integra il reato in esame è il dolo specifico, che è costituito dal voler privare un soggetto della libertà per conseguirne un profitto che, è richiesto come prezzo per la liberazione della vittima.

Cosa accade in caso di morte del soggetto sequestrato?

L’art. 630 c.p. prevede ai commi 2 e 3 due ipotesi di fattispecie aggravata dall’evento morte del sequestrato.

  • Comma 2: Se dal sequestro deriva comunque la morte, quale conseguenza non voluta dal reo, della persona sequestrata, il colpevole è punito con la reclusione di anni trenta;
  • Comma 3: Se il colpevole cagiona la morte del sequestrato si applica la pena dell’ergastolo.

Il comma 4, invece, prevede una pena ridotta nell’ipotesi in cui uno dei concorrenti si dissoci dal delitto volontariamente, adoperandosi di sua spontanea volontà a liberare la vittima sequestrata (si applicano le pene previste dall’art. 605 c.p. – sequestro di persona).

Cosa si intende per privazione della libertà personale?

Il delitto in esame è a forma libera, di conseguenza come affermato dalla Cassazione penale con sentenza 1371/1987, non è richiesto l’uso di mezzi particolari.

La privazione della libertà personale può essere provocata con l’uso di violenza fisica o di minaccia, o anche con l’ inganno.

La violenza è intesa come l’uso dell’energia fisica tale da non permettere alcuna forma di resistenza. Tuttavia, la Cassazione con la sentenza n. 14566/2005 ha fatto un ulteriore passo avanti ed ha delineato anche la forma della violenza morale che ricorre quando, pur in assenza di parole e di specifici atti intimidatori, si pone in essere un atteggiamento suscettibile di togliere alla persona offesa la capacità di determinarsi e di agire secondo la propria volontà.

Circa la minaccia essa va intesa come il prospettarsi di un male ingiusto e notevole, anche senza l’utilizzo di ulteriori strumenti coercitivi. Il reato in questione, però, è perpetrabile anche attraverso l’induzione in errore di un soggetto.

La privazione della libertà può essere assoluta e relativa. Nel primo caso vi è l’impossibilità assoluta di autoliberazione, nel secondo vi sono ostacoli che rendono difficile il recupero della libertà.

Sequestro di persona quando è a scopo di estorsione? Corte di Cassazionesez. V Penale, sentenza 6 marzo – 3 aprile 2019, n. 14673

Una recente sentenza della Corte di Cassazione è intervenuta in materia. La Suprema Corte ha chiarito come elemento fondante del delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione sia la mercificazione della persona umana”: la persona è strumentalizzata in tutte le sue dimensioni, anche affettive e patrimoniali, rispetto al fine dell’agente; è, in altre parole, resa merce di scambio contro un prezzo, come risulta dalla stretta correlazione posta tra il fine del sequestro, che è il profitto ingiusto, e il suo titolo, cioè, appunto, il prezzo della liberazione” (Sez. U, n. 962 del 17/12/2003 – dep. 20/01/2004, Huang Yunwen, Rv. 226489).

Ancora la Suprema Corte: Il delitto di cui all’art. 630 c.p. si distingue da quello di sequestro di persona, previsto dall’art. 605 c.p., per la diversità dell’elemento psicologico, essendo quest’ultimo reato caratterizzato dal dolo generico, mentre il primo da quello specifico, ravvisabile nell’ intento di ottenere un profitto, come prezzo della liberazione (Sez. 1, n. 14802 del 07/03/2012, Sulger, Rv. 252264) e, al fine della qualificazione del fatto, il giudice di merito deve esplicitare puntualmente gli indicatori della specifica direzione della volontà dell’agente e della univoca finalizzazione della condotta a fini di profitto, che si identifica in qualsiasi utilità, anche di natura non patrimoniale (Sez. 5, n. 8352 del 13/01/2016, Halilay, Rv. 266066, N. 625 del 1989, N. 8375 del 1998 Rv. 211145, N. 21579 del 2015 Rv. 263678).

Dunque: cosa distingue il sequestro di persona ex art.605 c.p. da quello a scopo di estorsione ex art. 630 c.p.?

Il delitto di sequestro di persona ai fini di estorsione si distingue da quello di sequestro di persona per la diversità dell’elemento psicologico, essendo quest’ultimo reato caratterizzato dal dolo generico, mentre il primo da quello specifico, ravvisabile nell’ intento di ottenere un profitto, come prezzo della liberazione.

Tanto premesso, COSA E’ PREVISTO SE IL SEQUESTRO A SCOPO DI ESTORSIONE E’ POSTO IN ESSERE DA TERRORISTI A DANNO DELLO STATO?

A seguito di un profondo senso di preoccupazione per il moltiplicarsi, su scala mondiale, degli atti di terrorismo le Nazioni Unite hanno deciso di trattare espressamente la questione del finanziamento al terrorismo, che prima del 1999 non era mai sto tema principale degli strumenti giuridici
multilaterali. Si è giunti così alla Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo, adottata a New York il 9 dicembre 1999 ed entrata in vigore a livello internazionale dal 10 aprile 2002, vincolando, ad oggi, 186 Stati. In Italia fu ratificata il 27 marzo 2003 con Legge n. 7 del 14 gennaio 2003 ed entrò in vigore a partire dal 26 aprile 2004. Come enunciato nel Dossier n.110 della Legislatura 17° del Senato della Repubblica, la Convenzione «ha posto le basi a livello internazionale per la repressione penale del fenomeno e per l’estensione al medesimo del sistema di presidi già esistente per la prevenzione e il contrasto del riciclaggio».

Lo Stato può pagare il riscatto chiesto dai terroristi?

Applicando la Convenzione ad un’ipotetica situazione di presa di ostaggi, se lo Stato (che ha ratificato la Convenzione, quale l’Italia), contattato da un gruppo di terroristi che, a fronte del rilascio degli ostaggi, richieda una
cospicua somma di denaro, acconsentisse all’ istanza estorsiva, si troverebbe a commettere il reato stabilito dalla Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo, perché ogni pagamento è un incentivo per futuri sequestri di persona. Infatti, seppur l’intento non sia quello di assicurare un finanziamento diretto al gruppo terroristico, lo Stato risulterebbe comunque consapevole dei modi di potenziale impiego delle risorse economiche versate, cioè l’irrobustimento della rete terroristica.

Resa pubblica per la prima volta nel febbraio del 2012 e aggiornata nell’ottobre del 2018, la lista di raccomandazioni della Financial Action Task Force. Il documento ricomprende tra le varie categorie di reato azioni quali «kidnapping, illegal restraint and hostagetaking» e concorda sulle definizioni di atto terroristico stabilite in numerose norme pattizie, sottolineando nella quinta raccomandazione la necessità in capo agli Stati di configurare il pagamento dei riscatti come un reato, così come stabilito dalla Convenzione internazionale contro il finanziamento del terrorismo.

ITALIA

Abbiamo detto che Codice penale contempla: sequestro di persona (art.605), sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630) e sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione (art. 289 bis).
Con riferimento all’art. 630 e all’art. 289 bis («Chiunque, per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, sequestra una persona è punito con la reclusione da venticinque a trenta anni” – art. 289 bis, c.1 c.p.), il Legislatore ha disposto la medesima sanzione nei confronti degli autori del sequestro, prevedendo la reclusione o l’ergastolo.
Per quanto riguarda le misure di contrasto al finanziamento del terrorismo internazionale, la legislatura italiana si è modellata grazie agli atti che nel corso del tempo sono stati emanati a livello internazionale.

Con la legge 15 dicembre 2001 n. 438 è stata introdotta, nell ’art. 270 bis del c.p., la fattispecie del finanziamento all’ organizzazione terroristica, così da integrare i casi particolari che figurano il reato di associazione con finalità di terrorismo. Il contrasto a tali pratiche avviene tramite il così detto black listing e con le misure di congelamento.

Nonostante questo, l’Italia sembra manifestare un’incongruenza tra quanto dichiarato pubblicamente in molteplici sedi internazionali e nazionali – cioè il riconoscimento dell’illegittimità dell’accettazione delle istanze dei sequestratori – e il comportamento tenuto al manifestarsi della fattispecie.

Approccio victim-oriented dell’Italia

Un caso celebre fu quello della liberazione di Mariasandra Mariani, rapita nel 2011 da Al Qaeda nel Maghreb Islamico e rilasciata nell’aprile del 2012. L’ostaggio, al rientro in Italia, raccontò come a fronte delle sue preoccupazioni, perché proveniente da una famiglia modesta senza
disponibilità economiche tali da pagare il riscatto e consapevole di un apparente rifiuto del suo Governo, le era stato risposto dai suoi rapitori «Quando tornerai a casa, voglio che tu dica che il tuo governo paga. Alla fine pagano sempre».

Altro caso celebre riguarda il sequestro di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, nel 2014.
Si presume infatti che le due cooperanti italiane, rapite alle porte di Aleppo, dove era operativo il gruppo al Nusra, siano state liberate a fronte del pagamento del riscatto.
L’allora Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni, chiamato a rispondere in Parlamento circa la liberazione delle giovani ha, in un primo momento, negò il presunto pagamento, enfatizzando come la politica del Governo italiano fosse conforme agli impegni presi a livello internazionale. Però, proseguendo con il discorso, affermò che «nei confronti degli italiani presi in ostaggio, la nostra priorità è in ogni modo indirizzata alla tutela della vita e dell’integrità fisica dei nostri connazionali».

QUALI SONO GLI STATI CHE NON PAGANO MAI?

STATI UNITI

Con riferimento agli Stati Uniti già nel 1985 il Presidente Reagan dichiarò «America will never make concessions to terrorists». Nel 2014 la Casa Bianca ha ordinato una revisione delle politiche da applicare in caso di presa di ostaggi oltreoceano, stabilendo il chiaro interesse a mantenere attiva la policy di lunga data in virtù della quale i riscatti non devono essere pagati, così facendo si intende preservare la sicurezza dei cittadini americani.

REGNO UNITO

Un altro Paese che ha scelto di non soddisfare le richieste estorsive dei terroristi a seguito di un sequestro di persona è il Regno Unito. Nel rispetto di quanto sancito dal suo ordinamento interno, nel 2009 il Regno Unito ha scelto di applicare la no-ransom policy nei confronti del gruppo terroristico Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQIM) che aveva sequestrato un gruppo di turisti occidentali (tra cui un inglese). Inizialmente AQIM aveva offerto al Governo britannico uno scambio: la liberazione dell’ostaggio in cambio di un loro affiliato detenuto in Inghilterra. Successivamente, erano stati richiesti 10 milioni di euro. Il Regno Unito, scegliendo di rifiutare entrambe le istanze ha assistito alla morte del suo cittadino.

GIAPPONE

Un altro Stato che non paga riscatti è il Giappone. Quando due cittadini nipponici vennero rapiti in Siria dall’Isis, il governo di Tokyo dichiarò di non voler cedere di fronte alla richieste di milioni di dollari in cambio della loro liberazione: ‘‘La posizione del nostro paese resta invariata, non cediamo ai ricatti dei terroristi’‘, dichiarò Yoshihide Suga, braccio destro del primo ministro Shinzo Abe. Poco dopo quelle parole il gruppo jihadista decapitò Haruna Yukazawa, uno dei due ostaggi. Ma il Giappone restò irremovibile e non abbiamo notizie di altri giapponesi sgozzati di recente.

E’ GIUSTO O SBAGLIATO PAGARE I TERRORISTI?

A prima vista la risposta può sembrare semplice: non è giusto cedere ai ricatti dei terroristi! Ma a quale prezzo? Possiamo assumerci la responsabilità della morte di una persona? Possiamo decidere chi vive e chi muore? Queste ovviamente sono questioni di una complessità tale da non poter essere liquidate con una semplice risposta. Non esiste la risposta giusta, perchè non dovrebbe proprio sussistere la necessità di scegliere tra la vita e la morte. Tuttavia, non viviamo in un mondo utopico e i compromessi, le difficoltà, gli abusi sono all’ordine del giorno. Cedere al ricatto dei terroristi implica sicuramente un circolo vizioso, che mette in pericolo non solo l’incolumità dei cittadini dello Stato che cede alle pretese estorsive, ma l’intera umanità per il potenziale uso distorto che delle risorse ricevute possono farne i terroristi. Eppure, non cedere vuol dire macchiarsi le mani e la coscienza della morte di uno o più persone, colpevoli di essersi trovate nel luogo sbagliato vittime di persone che fanno della sofferenza uno strumento estorsivo.

Personalmente, non sono in grado di dare una risposta ad una questione tanto grande, tuttavia credo che nessuno possa giudicare chi all’interno dello Stato abbia l’impossibile compito di disporre della vita altrui. La soluzione ideale sarebbe quella di mettere in campo il bilanciamento del diritto alla vita di uno e della sicurezza della popolazione mondiale dall’altra, ma non sempre è possibile se calato nel contesto reale. L’Italia è un paese dove il diritto alla vita non ha eguali, non è giusto cedere alle pretese dei terroristi è vero, è da irresponsabili finanziare indirettamente il terrorismo, è irrazionale cedere e cadere nel circolo vizioso degli ostaggi. Tutto questo è vero, ma mi chiedo se fossi io a decidere della vita di una persona, la sua vita in cambio di soldi, cosa farei? Tu la salveresti o la lasceresti morire? Questo è il vero dilemma.