Dove inizia il confine tra la lotta alla criminalità e la soppressione dei diritti fondamentali?
Hanno fatto il giro del mondo le immagini di centinaia di detenuti addossati l’uno all’altro sotto i fucili della polizia nel cortile del penitenziario di Izalco, nell’ovest del Paese.
Ma cos’è successo?
A seguito di un picco di omicidi registratosi nei scorsi giorni, il presidente di El Salvador, Nayib Bukele, ha disposto che i detenuti fossero tutti radunati, gli uni ammassati a gli altri, per poter procedere alla perquisizione delle loro celle.
Il tasso di omicidi. E’ necessario premettere che El Salvador soffre di una dilagante criminalità e di un elevatissimo numero di omicidi, registrando il record negativo di omicidi pro capite e guadagnando così il triste primato mondiale per numero di morti assassinati. Tuttavia, è bene precisare che nell’ultimo anno, a seguito dell’insediamento del presidente Nayib Bukele, già sindaco della capitale San Salvador ed eletto come indipendente con un partito di unità nazionale, il numero degli omicidi ha subito un netto calo. Il pugno duro di Bukele trova il consenso della maggioranza del Paese, che secondo i numeri ufficiali vede una media annua di omicidi ridotta drasticamente a 2,1 al giorno in un paese che ha visto anche più di 20 uccisioni quotidiane prima della sua entrata in carica.
La notizia. Tuttavia, lo scorso weekend , in controtendenza agli ultimi dati statistici, il numero degli omicidi ha subito un impennata facendo registrare 23 omicidi venerdì, 13 sabato e 24 domenica. Secondo il governo, gli omicidi sono stati ordinati dai membri delle principali gang del paese – le due principali sono la MS-13 e la Calle 18 – che si trovano nelle principali prigioni. Dura la reazione del Governo che nella persona di Osiris Luna Meza, a capo delle prigioni nazionali, ha disposto una controffensiva prevedendo perquisizioni a tappetto negli istituti penitenziari, isolamento dei detenuti più pericolosi e una serie di azioni considerate necessarie per la lotta alla criminalità, culminate poi nelle forti immagini che hanno fatto rapidamente il giro del mondo. Ogni attività all’ interno dei penitenziari salvadoriani, inoltre, è stata sospesa e ai detenuti è stato interdetto ogni contatto con l’esterno. Le operazioni sono state largamente sostenute con foto e notizie diffuse sui social da parte dello stesso presidente Nayib Bukele. Il presidente, tuttavia, non si è limitato alla divulgazione delle foto e dei video, ma ha anche ordinato che membri di bande diverse siano messi nelle stesse celle della prigione, una misura che potrebbe far deflagrare la situazione con ulteriori spargimenti di sangue.
Le critiche. Lo sdegno e le critiche interne ed esterne al paese non si sono fatte attendere. Da un lato si critica l’inumanità del trattamento riservato ai detenuti che, sebbene colpevoli di crimini a volte anche atroci, restano persone a cui vanno riconosciuti diritti e tutele fondamentali, nonchè un trattamento etico e umano. Dall’altra la critica, dai risolvi più pratici, è alla assoluta assenza del rispetto di quelle norme di sicurezza e di contenimento della diffusione del Coronavirus ormai condivise ed applicate a livello mondiale. Dalle immagini è possibile vedere come i detenuti siano letteralmente ammassati, senza alcun distanziamento e con una semplice mascherina chiururgica a tutelarli dal contagio. Il tutto aggravato dall’affollamento carcerario, fattore che favorisce una rapida propagazione del virus e che è un problema comune a quasi tutti i paesi. Inoltre, si denuncia come la convivenza nelle stesse celle di membri di gang contrapposte possa non solo creare ulteriori tensioni negli istituti penitenziari, ma anche incoraggiare i membri delle diverse bande a coalizzarsi contro lo Stato.
I numeri del contagio. La scelta di ignorare le disposizioni sanitarie (oltre all’inaccettabile trattamento riservato ai detenuti) in un ambiente esposto ad un’elevatissimo contagio è reso incomprensibile in un paese che, secondo i dati ufficiali, ha saputo contenere la diffusione del virus ed in cui i contagiati sembrerebbero essere 323, 8 i morti, con circa 20mila test eseguiti finora. Il contenimento del virus sembrerebbe essere imputabile alle misure restrittive imposte dal presidente già a metà marzo, quando ancora non era stato registrato alcun contagio, con successivo arresto di chiunque avesse violato la quarantena, con l’aiuto, in zone particolarmente difficili, delle stesse gang per il rispetto del distanziamento sociale.
Rischio per la Repubblica? Bukele ha anche autorizzato l’uso della forza da parte degli agenti contro i criminali appartenenti alle bande del Paese. Questo, secondo quanto dichiarato da Human Rights Watch, rischia di essere un vero e proprio attentato alla Repubblica con una pericolosa piaga verso un nuovo regime dittatoriale, come dimostra quanto pubblicato su Twitter dal presidente mostrando le foto di come siano state saldate le celle dei detenuti, confinati senza possibilità di poter uscire e privi di luce con pannelli disposti sulle sbarre. La misura è stata applicata nella prigione nella città di Zacatecoluca e, secondo quanto dichiarato dal presidente, sarà ora estesa ad altre sei prigioni “a tempo indeterminato”.
IL PRESIDENTE NAYIB BUKELE ED IL “PIANO DI CONTROLLO DEL TERRITORIO”: il presidente Nayib Bukele, in carica dal 1° giugno 2019, ha attuato fin da subito la sua promessa elettorale di lotta alla criminalità mediante il suo piano di controllo del territorio, riassumibile in pochi punti: militarizzazione, tolleranza zero e sospensione dei diritti umani nelle carceri. Poco dopo il suo insediamento, Nayib Bukele aveva annunciato un intervento “integrale” per riportare la legalità. Un’azione congiunta tra forze armate, polizia e iniziative civili. Da qui la strategia dell’occupazione fisica degli spazi, col dispiegamento di 23 mila unità tra poliziotti e membri delle forze armate nel paese già nel primo mese di applicazione del Piano.
Occupazione militare. Il Piano prevede innanzitutto un’azione d’occupazione militare attraverso la presenza costante delle forze di polizia nelle zone ritenute nevralgiche per le attività criminale.
Sospensione dei diritti dei detenuti. Le attuali misure poste in essere dal presidente non dovrebbero sorprendere in quanto coerenti con quanto previsto fin dall’inizio del suo mandato e contenuto nel Piano di controllo del territorio. Infatti, appena entrato in carica il presidente ha immediatamente dato disposizioni in merito alla sospensione dei diritti dei detenuti: reclusione in cella per 24 ore al giorno senza poter uscire per i criminali più pericolosi; sospensione di tutte le visite dall’ esterno per i detenuti; ordine alle compagnie telefoniche nazionali di azzerare ogni fornitura di servizi all’ interno dei penitenziari così da impossibilitare le comunicazioni, adducendo quale giustificazione che buona parte degli ordini di estorsioni, omicidi e altri reati arrivino all’esterno proprio da parte dei detenuti.
Denunce internazionali. Sono innumerevoli le associazioni a tutela dei diritti fondamentali che da anni denunciano come le condizioni subumane alle quali i detenuti sono sottoposti costituiscono un trattamento crudele, disumano e degradante, che contravviene agli scopi della condanna e viola gli impegni internazionali di rispetto dei diritti umani. Nella politica della guerra contro le bande sembrano essere emersi tra i membri della polizia e dell’esercito schemi di esecuzione extralegali, con l’aggravante che questi episodi, spesso, non sono oggetto di indagine da parte del sistema giudiziario.
STATO DI POLIZIA E COSTITUZIONE. Dunque, se da un lato è dovere dello Stato mettere in atto un piano di lotta alla criminalità e alle bande che devastano il territorio, alimentano la corruzione e lasciano una scia di morte alle loro spalle, ci si chiede se questo possa tradursi in un abbandono dei diritti fondamentali, in una caccia ai criminali senza etica e dignità, e alla messa in atto di uno stato di polizia con l’ausilio dell’esercito. A tal proposito è bene ricordare che l’articolo 168 della Costituzione di El Salvador prevede che per lo schieramento dell’esercito in operazioni contro la criminalità sia necessaria una chiara e ben motivata giustificazione da parte del governo, in virtù dell’ eccezionalità che dovrebbe caratterizzare tale misura nonchè l’indicazione di un termine per la durata della disposizione. Inoltre, è prevista una preventiva condivisione delle informazioni con il parlamento. Misure che Bukele ha ignorato.
Il prolungamento eccessivo dell’ intervento dell’esercito nel lavoro di pubblica sicurezza è vietato anche dagli Accordi di pace firmati dopo la guerra civile che ha dilaniato il paese dal 1980 al 1992. Tuttavia, Bukele si è difeso affermando che El Salvador vive una situazione eccezionale di violenze e sulla base di questa giustificazione ha condiviso con il mondo le immagini dei detenuti ammassati, quale risposta forte ( e propagandistica) dello stato di El Salvador alla dura lotta alla criminalità.