DPCM: possono legittimamente limitare le nostre libertà fondamentali? O costituiscono un abuso da parte del Presidente Conte?
Nelle ultime ore è cresciuta la polemica contro la legittimità dello strumento dei D.P.C.M. (decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) di cui si è fatto largo (ab)uso negli ultimi due mesi da parte del governo.
La polemica alimentata da vari fazioni politiche è un utile spunto di riflessione per analizzare lo strumento dei D.P.C.M. e la fondatezza della denuncia di “attentato alla Costituzione” di cui si sta sentendo parlare con dilagante enfasi nelle ultime ore.
I FATTI: Dall’inizio dell’esplosione del contagio da Covid – 19 nel nostro Paese, si è assistito a un uso reiterato e massiccio da parte del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte dello strumento del D.P.C.M. per far fronte, in modo rapido, alla situazione emergenziale dovuta alla diffusione del virus. Dal 1 marzo al 10 aprile si sono susseguiti ben sette D.P.C.M., una produzione fitta e forse anche convulsa, seppure ciascuno di essi coperto da due decreti-legge (25 marzo 2020, n. 19 e 23 febbraio 2020, quest’ultimo peraltro abrogato, quasi in toto, dal primo). Tale proliferazione troverebbe giustificazione nelle esigenze di celerità e immediata operatività delle misure predisposte dal governo in risposta alle situazioni di estrema urgenza generate dalla diffusione del Coronavirus. Tuttavia, ci si chiede se sia legittimo l’utilizzo di tale strumento per limitare fortemente diritti e libertà costituzionali quali la libertà personale, la libertà di circolazione, di riunione, di culto.
CHE COS’E’ IL DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI (D.P.C.M.)?
Il D.P.C.M. è un provvedimento emanato dal Presidente del Consiglio dei Ministri sotto forma di decreto, e che, al pari di ogni decreto ministeriale, ha natura amministrativa. In quanto atto amministrativo, non ha forza di legge e ha carattere di fonte normativa secondaria. Viene utilizzato, di norma, per dare attuazione a disposizioni di legge. Non è soggetto al vaglio e alla conversione da parte del Parlamento, ed è inoltre sottratto, se oggetto di un’eventuale questione di legittimità costituzionale, al vaglio della Consulta.
QUAL E’ LA DIFFERENZA TRA IL D.P.C.M. E IL DECRETO LEGGE E DECRETO LEGISLATIVO?
Nel nostro ordinamento sono previsti appositi strumenti che il potere esecutivo ( il Governo) può utilizzare per affrontare situazioni di necessità ed urgenza: i decreti legislativi e i decreti legge, disciplinati rispettivamente dagli articoli 76 e 77 della Costituzione, ossia atti normativi di rango primario che possono essere emanati dal Governo, ovvero provvedimenti capaci di abrogare norme di legge e di resistere all’ abrogazione da parte di fonti di rango inferiore. Il decreto legge, deliberato dal Consiglio dei Ministri e emanato con decreto del Presidente della Repubblica, entra in vigore il giorno stesso della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, che avviene immediatamente dopo la sua emanazione. Il decreto-legge reca, tuttavia, il carattere della provvisorietà, ciò vuol dire che entro 60 giorni dovrà essere sottoposto al vaglio del Parlamento che potrà convertilo in legge.
A differenza del D.P.C.M., il decreto-legge non sfugge, quindi, al vaglio del Parlamento e neppure all’ eventuale successivo sindacato di legittimità da parte della Corte costituzionale.
LA POLEMICA: Dunque, ci si chiede perchè, di fronte alla previsione costituzionale di atti normativi primari ( decreto legge – decreto legislativo) riservati al Governo per poter legittimamente legiferare (eccezionalmente), sotto la propria responsabilità, in situazioni di necessità e urgenza (qual è l’attuale epidemia da Covid) il premier Conte non abbia fatto ricorso alla decretazione d’urgenza ex articolo 77 della Costituzione, sicuramente più opportuna dal punto di vista giuridico essendo i caratteri di tempestività e urgenza congeniti alla natura stessa del decreto-legge e costituendone la ratio legis, ma abbia invece perseguito la strada più tortuosa del D.P.C.M., che non è un atto di rango primario nè avente forza di legge, generando così critiche politiche, preoccupazioni negli ambienti giuridici e confusione nell’opinione pubblica. Ambiguità che si presta ad essere un terreno fertile per alimentare un clima di paura e divisione, cavalcato dagli interessi faziosi di parte.
D.P.C.M. E COMPRESSIONE DEI DIRITTI FONDAMENTALI.
L’attuale parentesi emergenziale ha visto la limitazione a mezzo D.P.C.M. di diversi diritti fondamentali:
- la libertà personale ( articolo 13 Costituzione);
- la libertà di circolazione ( articolo 16 Costituzione);
- la libertà di riunione (articolo 17 Costituzione);
- la libertà di associazione (articolo 18 Costituzione);
- la libertà di culto (articolo 19 della Costituzione).
E’ bene premettere che è la stessa Costituzione a prevedere una limitazione dei diritti fondamentali in un’ottica di bilanciamento dei diritti in particolari circostanze, sempre nel rispetto dei casi e delle condizioni disposti dalla legge e, come nel caso della libertà di circolazione, per motivi di sanità e sicurezza, in cui può pienamente rientrare l’attuale emergenza da Coronavirus. Tuttavia, il D.P.C.M. non ha forza di legge e sembrerebbe quindi non avere la forza per disporre legittimamente una compressione di diritti costituzionalmente garantiti.
RISERVA DI LEGGE E MATERIA PENALE
Altra critica mossa all’uso dei D.P.C.M. ha avuto ad oggetto la previsione di sanzioni di natura penale in caso di trasgressione. Sarebbe così violato il principio costituzionale della riserva di legge in materia penale, in forza del quale nessuno può essere punito se non in base a una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso (articolo 25, secondo comma, della Costituzione). Tuttavia, è bene ricordare come il Decreto Legge n. 19 del 25 marzo 2020 abbia inasprito le sanzioni amministrative ed eliminato le sanzioni detentive. Alcuni ricordano, inoltre, come il Codice penale punisca con l’arresto e l’ammenda «chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene», e che, quindi, anche qui sussisterebbe la copertura di una fonte normativa primaria.
CRITICI
Dunque, i critici sostengono che si sia perpetrato un abuso da parte del Governo con l’elevazione al rango di atti legislativi con forza di legge i D.P.C.M., che sono meri atti di natura amministrativi-regolamentare assolutamente privi della legittimità e della forza atte ad incidere su diritti fondamentali, ancor meno a deciderne la compressione. Inoltre, si ribadisce l’illegittimità dell’utilizzo fattone dal Governo alla luce della assenza del controllo necessario e democratico del Parlamento, nonchè dell’ impossibile vaglio di legittimità da parte dei custodi della nostra Costituzione.
SOSTENITORI
Tuttavia, si sottolinea come alle carenze sostanziali dei DD.P.C.M si sia posto rimedio, sia con la cancellazione delle sanzioni penali con il chiaro intento di non ledere il principio costituzionale di riserva di legge in materia penale e, sotto il profilo formale, riconducendoli sotto l’ala del decreto-legge, atto avente forza di legge e sottoposto al vaglio parlamentare, nonchè eventualmente costituzionale. Ciò, secondo alcuni, con il tacito assenso del mondo giuridico, e giustificati dalla straordinarietà della situazione emergenziale dai risolti mondiali.
Resta dunque ancora fortemente dibattuta la legittimità degli atti posti in essere dal Governo, tra chi ne denuncia la pericolosità quale precedente atto a gettare le basi per una attacco alla Costituzione e all’assetto democratico che ne deriva, e chi, invece, mette in evidenza come il Governo abbia predisposto tutte le misure necessarie a far rientrare nei canoni della legalità e della costituzionalità provvedimenti emergenziali frutto di scelte maturate in situazioni assolutamente nuove ed imprevedibili.