Da centro di uno dei più grandi disastri della storia dell’umanità a meta turistica: l’evoluzione del sito nucleare di Chernobyl.
Il 26 aprile 1986 alle 01:24 un guasto al reattore numero 4 della centrale atomica di Chernobyl, nei pressi di Kiev in Ucraina, imprime nella memoria collettiva il più grave incidente della storia dell’energia nucleare.
L’INCIDENTE: L’esplosione del reattore numero 4 della centrale atomica di Chernobyl avvenne a seguito di un test per verificare il funzionamento della turbina in caso di mancamento improvviso di corrente elettrica, durante il quale erano stati staccati i sistemi di sicurezza. Errori umani e tecnici crearono le condizioni per il disastro e il gran calore localizzato produsse una risalita in atmosfera di fumi e di polveri contenenti i prodotti di fissione (effetto camino). Un esplosione che negli anni a venire è stato causa di migliaia di tumori, decine di migliaia di sfollati e una nube radioattiva che toccò vaste porzioni d’Europa, toccando persino porzioni della costa orientale del Nord America. Solo il 27 aprile furono evacuati, in colpevole ritardo a 36 ore dal disastro, gli abitanti di Pripyat, la cittadina a un passo da Chernobyl, e nei giorni successivi circa 130 mila persone in un raggio di 30 km dovettero lasciare le proprie case. L’allarme in Europa giunse dalla Svezia il 28 aprile, quando venne registrata radioattività anomala nel Paese. Solo 14 maggio ci fu da Mosca l’ammissione del disastro da parte del segretario dell’allora Partito comunista sovietico Mikhail Gorbaciov.
I LIQUIDATORI: Per bonificare il sito vennero utilizzate macchine automatiche e teleguidate tedesche, giapponesi e sovietiche, ma senza successo: la radioattività era tale da alterare il loro funzionamento, azzerando la possibilità di poterle comandare a distanza. Da qui la necessità di ricorrere anche al “fattore umano“. La bonifica dell’area coinvolse negli anni circa 600.000 persone, i c.d. “liquidatori”, compreso il personale che si occupò di raffreddare il basamento dell’impianto per evitare che il combustibile fuso assieme ad altri materiali penetrasse nel sottosuolo con il rischio di contaminare le falde acquifere. Furono proprio i “liquidatori” ad essere esposti irresponsabilmente alla più elevata quantità di radiazioni (Sindrome Acuta da Radiazioni” – ARS), con conseguenze il più delle volte mortali (trombosi croniche, tumori alla tiroide e altre malattie sviluppatesi a seguito dell’eccessiva esposizione alle radiazioni). Il loro intervento era scandito da una sirena ogni 40 secondi, tempo di esposizione sufficiente per assorbire più radiazioni di quanto un essere umano possa assorbirne in una vita intera.
IL SARCOFAGO: Sotto la spinta della necessaria e quanto più repentina messa in sicurezza del sito, nell’ ottobre 1986 l’ingegnere Lev Botcharovè progettò un contenimento che isolasse l’impianto dall’ ambiente esterno, contenimento simbolicamente chiamato Sarcofago. Tuttavia, la realizzazione frettolosa del sarcofago, sotto l’immaginabile spinta emotiva e l’impellente necessità di arginare la carica radioattiva del sito, ha dato vita ad un “coperchio” poco resistente nel tempo e per il quale si è reso necessario un nuovo intervento. Si è giunti così, grazie allo sforzo finanziario di 45 Paesi, alla costruzione del New Safe Confinement, ossia un arco d’acciaio che ricopre il reattore, alto 108 metri e lungo 275. Tale nuovo sistema di confinamento non è pensato per durare per sempre, ma per fornire gli anni necessari affinchè si possa progettare una soluzione definitiva per la bonifica del reattore.
LE STIME: Al momento dell’esplosione morirono 31 persone, seguite da altre centinaia tra operatori della centrale, vigili del fuoco, militari e civili esposti a radiazioni. Il bilancio finale oscilla tra le 9.000 vittime stimate dall’ Organizzazione mondiale della sanità alle 115.000 di uno studio bielorusso. Tuttavia a distanza di più di trent’anni è ancora incerto il numero delle vittime dirette ed indirette causate da disastro di Chernobyl. Inoltre, milioni di persone hanno continuato e continuano a vivere in un ambiente in cui l’esposizione a radiazioni è ancora alta e pericolosa per la salute.
DIRITTI E TUTELE COMPROMESSE: Gli effetti a lungo termine della radioattività incontrollata provocata dal disastro di Chernobyl si manifestano non solo nelle drammatiche forme dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua, nel crescente numero di patologie tumorali e dei decessi, nella radioattività di cibo e acqua, ma si concretizza anche quale minaccia alla tutela dei diritti fondamentali, quali il diritto alla vita e alla salute, inevitabilmente compromessi dalla quasi irreversibile criticità delle condizioni ambientali. Come può essere tutelato il diritto alla vita di chi vive in un territorio radioattivo? Il cancro della tiroide, causato dallo iodio radioattivo, è stata ed è ancora oggi una delle principali conseguenze sulla salute prodotte dall’ incidente di Chernobyl. I bambini sono i soggetti più a rischio e le statistiche indicano come l’incidenza del cancro alla tiroide sia rapidamente aumentata proprio tra i più giovani a seguito del disastro.
Inoltre, nell’area esposta a radiazioni le forniture di acqua potabile e di prodotti agricoli sono stati contaminati dai più alti livelli di radiazioni con conseguenziali criticità per coloro che hanno continuato a vivere nella regione. Difficoltà crescenti si sono registrate infatti nell’ accesso ad acqua potabile e a cibo non contaminato.
Ma com’è oggi Chernobyl?
A Pripyat – tre chilometri di distanza da Chernobyl – l’uomo non potrà tornare mai più stabilmente. O meglio, dicono gli scienziati, vivere qui sarà sicuro solo tra diversi secoli. Tuttavia il governo di Kiev, anche sulla scia della rinnovata curiosità alimentata dalla miniserie televisiva di Hbo incentrata proprio sul disastro di Chernobyl, ha deciso di combattere la scia negativa che il disastro nucleare ha diffuso a livello mondiale sulla percezione che si ha del paese, ed ha aperto le porte di Chernobyl ai turisti. I numeri degli arrivi registrati per visitare il sito hanno dato ragione al governo, che ha potuto contare su numeri record di turisti.
MA E’ SICURO VISITARE CHERNOBYL?
Nonostante la radioattività, le agenzie specializzate assicurano che, rispettando le regole e non restando a lungo, non c’è alcun rischio. Secondo quanto riportato dalle guide turistiche durante la visita si assorbirebbero circa 2 microsievert all’ora, paragonabili alle radiazioni a cui si è esposti durante un viaggio aereo. Le guide, tuttavia, mostrano preoccupazione per le strutture pericolanti e per i rischi legati a possibili deviazioni dai percorsi stabiliti, che sono stati aggiornati per includere alcuni dei luoghi simbolo apparsi nella serie tv. Tuttavia non possono essere ignorati gli innumerevoli divieti, sintomatici di una concreta pericolosità: non è possibile toccare nulla, sedersi a terra, poggiare oggetti a contatto col suolo, è fatto divieto di mangiare o bere all’aperto per evitare possibili contaminazioni dovute alle polveri radioattive, ed è fatto assoluto divieto di prelevare un qualsivoglia oggetto dal sito radioattivo. Per l’asporto di qualsiasi oggetto della zona è prevista una condanna da 3 a 6 anni di reclusione. Anche i tecnici addetti alla sorveglianza della zona di esclusione possono lavorare cinque ore al giorno, e dopo ogni mese devono prendersi 15 giorni di pausa. Sulla sicurezza di visitare Chernobyl resta il dubbio legittimo generato dalla sussistenza, ancora oggi, di un’elevata radioattività nonchè di un perimetro di sicurezza nel raggio di trenta chilometri dal reattore in cui sono proibiti gli insediamenti umani.
Come spesso accade, la visita di una meta c.d. “dark” può portare con sè irrispettosi comportamenti quali l’immagine di un turista nudo in mezzo alla città fantasma, che suscitò critiche e scalpore. Resta, tuttavia, il merito di dare voce alla memoria di una tragedia dell’umanità, dagli effetti ancora tangibili e dal passato ancora incerto.