41 bis – CARCERE DURO: lotta ai boss e legittimità costituzionale

41 bis: regime del carcere duro

Negli ultimi giorni abbiamo avuto notizia della scarcerazione di alcuni boss detenuti in regime di 41 bis. Ma cos’è il carcere duro e cosa prevede?

E’ di alcuni giorni fa la notizia della scarcerazione di alcuni boss detenuti in regime di 41 bis e scarcerati sull’onda della dilagazione dell’emergenza sanitaria anche negli istituti penitenziari.

Abbiamo già parlato delle motivazioni che hanno portato il Tribunale di Sorveglianza di Milano alla concessione del beneficio della detenzione domiciliare per il boss Francesco Bonura, boss di Casa Nostra e fidato di Bernardo Provenzano, detenuto al regime del 41 bis ( puoi leggere l’articolo qui https://www.lagiuristaonline.it/scarcerazione-boss-tutela-costituzionale-o-debolezza-dello-stato/ ).

MA COSA SI INTENDE PER 41 BIS? CHE COS’E’ IL CARCERE DURO?

Si tratta di un regime speciale istituito nel 1986 nel quale si prevede la possibilità per il Ministro della giustizia di sospendere l’applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti, in casi eccezionali. Il regime previsto dall’art. 41 bis è una misura di prevenzione che ha come scopo quello di evitare – al di fuori dei casi consentiti dalla legge – contatti e comunicazioni tra esponenti della criminalità organizzata, detenuti o internati, all’interno degli istituti di pena nonché contatti e comunicazioni tra gli esponenti detenuti delle varie organizzazioni e quelli ancora operanti all’esterno. I detenuti sottoposti al 41-bis sono ristretti in istituti esclusivamente a loro dedicati o in sezioni speciali e logisticamente separate dal resto dell’istituto penitenziario.

Introduzione – Legge Gozzini: L’art. 41 bis della L. 354 del 1975 ( Legge sull’ordinamento penitenziario) viene introdotta dalla legge Gozzini nel 1986 rubricato come “situazioni d’emergenza” e che in principio nasceva dall’esigenza di dare una risposta concreta a situazioni emergenziali o di rivolta sorte all’interno degli istituti penitenziari.

Il 1992 e le stragi di mafia: Il regime 41-bis così come lo conosciamo è stato introdotto dal d.l. 306 del 1992 all’indomani delle stragi di Mafia di Capaci e via d’Amelio in cui persero la vita i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Dunque, con il secondo comma dell’art. 41 bis è stata estesa l’applicazione della disciplina del regime di carcere duro anche ai detenuti affiliati ad organizzazioni criminali di stampo mafioso.

QUANDO SI APPLICA IL REGIME DELL’ART. 41 BIS?

  1. Rivolte o situazioni emergenziali (primo comma): in tale ipotesi, il Ministro della giustizia può sospendere l’applicazione delle regole ordinarie di trattamento dei detenuti in tutto l’istituto carcerario o in una sua parte; la sospensione deve essere motivata dalla necessità di ripristinare l’ordine e la sicurezza e ha la durata strettamente necessaria al conseguimento di tale finalità.

2. Gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica (secondo comma): questa rappresenta l’ipotesi più diffusa e nota di applicazione del regime di 41 bis.

  • Chi sono i destinatari? I detenuti per taluno dei delitti di cui al primo periodo del comma 1 dell’articolo 4-bis della legge sull’ordinamento penitenziario (quali delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza) o per un delitto che sia stato commesso al fine di agevolare l’associazione di tipo mafioso, in relazione ai quali vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un’associazione criminale, terroristica o eversiva.

RATIO LEGIS: Il regime restrittivo previsto dall’art. 41 bis è finalizzato ad impedire o interrompere le comunicazioni da parte del detenuto con l’esterno, laddove si sia il serio e concreto pericolo che i boss detenuti possano continuare ad impartire ordini e a gestire a distanza l’attività criminosa del clan di appartenenza. Inoltre, l’intento è anche quello di limitare i contatti tra appartenenti alla stessa organizzazione criminale all’ interno del carcere stesso nonchè i contatti tra gli appartenenti a diverse organizzazioni criminali, così da interrompere i legami e le possibili linee di comando. Dunque, il precetto normativo è funzionale ad impedire l’ ideazione, pianificazione e commissione di reati da parte dei detenuti e degli internati anche durante il periodo di espiazione della pena e della misura di sicurezza.

COSA PREVEDE L’APPLICAZIONE DEL 41 BIS:

  • l’adozione di elevate misure di sicurezza interna ed esterna;
  • isolamento del detenuto;
  • è previsto un solo colloquio al mese ed esclusivamente con familiari e conviventi, salvo casi eccezionali. Il colloquio andrà svolto ad intervalli di tempo regolari e in locali dotati di vetri divisori in modo da impedire il passaggio di oggetti, il contatto fisico con i familiari, ed è inoltre prevista la registrazione delle conversazioni. Prima del 2013 la limitazione si estendeva anche ai colloqui con i legali, ma la Corte Costituzionale ha abolito la norma;
  • dispongono di una sola telefonata al mese della durata di dieci minuti, anch’essa registrata;
  • sono previste limitazioni relative alle somme di denaro, ai beni e agli oggetti che dall’esterno possono essere fatti pervenire al detenuto;
  • in cella, i detenuti possono tenere libri e altri oggetti utili alla formazione, oltre ad effetti personali di vario genere (come fotografie) con lo scopo di favorire l’affettività e il contatto con i familiari;
  • è prevista l’esclusione dalle rappresentanze dei detenuti e degli internati;
  •  la corrispondenza è sottoposta a controllo e censura, salvo quella con i membri del Parlamento o con autorità europee o nazionali che hanno competenza in materia di giustizia;
  • la permanenza all’aperto è limitata a due ore al giorno ed in gruppi di persone non superiori a quattro, e sotto la sorveglianza di un corpo speciale di polizia penitenziaria;
  • per quanto concerne la tv, la visione dei programmi è limitata ai principali canali della rete nazionale (pacchetto Rai, canale 5, rete 4, Italia Uno, la Sette, ecc.) «preventivamente sintonizzati ed abilitati da tecnico di fiducia della direzione»;
  • il detenuto è situato in una camera di pernottamento singola;
  • sono previste, inoltre, misure di sicurezza atte a garantire l’ assoluta impossibilità di comunicare tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità e scambiare oggetti.

DURATA DEL PROVVEDIMENTO: il regime di carcere duro è soggetto ad una restrizione temporale della sua attuazione, in vista della compressione delle libertà e dei diritti di cui godono i detenuti. Il provvedimento ha una durata pari a quattro anni e può essere prorogato per periodi successivi, pari a due anni, se sussiste ancora concretamente la capacità di mantenere collegamenti con l’associazione criminale, terroristica o eversiva (che non può essere esclusa dal mero decorso del tempo).

MALATTIA: In caso di malattia è previsto il trasferimento dei detenuti in strutture ospedaliere dotate di reparti in cui posa essere assicurata l’applicazione delle disposizioni di isolamento e sicurezza previste dal regime 41-bis. In casi di particolare gravità è possibile che venga concessa la custodia attenuata, su richiesta del difensore.

CRITICHE: Sin dalla sua introduzione, il regime del carcere duro è stato aspramente criticato da organizzazioni internazionali e associazioni per la tutela dei diritti dei detenuti, come Amnesty International, Associazione Antigone, Nessuno tocchi Caino e il comitato delle Nazioni Unite contro la tortura.

LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE: In numerose occasioni, il 41-bis è stato considerato un regime carcerario incostituzionale se applicato per lunghi periodi di tempo ed è stata, inoltre, contestata la violazione della finalità della condanna che deve tendere alla rieducazione del condannato e non avere un mero fine punitivo, soprattutto nella prospettiva di un reinserimento nella società del reo. Tuttavia, la Corte costituzionale e la Corte EDU, chiamate in più occasioni ad esprimere un giudizio di legittimità relativo a tale regime detentivo, ne hanno decretato la legittimità, pur censurando delle specifiche applicazioni.

Ulteriori critiche: Tuttavia, resta ancora fortemente accesso il dibattito sul regime limitativo previsto dall’art. 41 bis. Da un lato c’è chi ne contesta l’eccessiva durezza e la relativa soppressione dei diritti fondamentali dell’uomo e del cittadino. Criticità a cui si accompagna la denuncia di un presunto abuso di tale misura consistente nella sua incontrollata reiterazione; dall’altro chi, invece, sottolinea la necessità dello Stato di dare una risposta concreta e di combattere il perpetuarsi della piaga della criminalità organizzata, ancora fortemente radicata nel nostro paese.

Di fronte a reati di tipo mafioso, problema endemico per l’Italia, può istintivamente considerarsi giusto pensare che non ci sia garanzia che tenga e che sia necessaria una risposta dura e forte da parte dello Stato. Tuttavia, l’essenza del nostro paese è racchiuso nella Costituzione e la sospensione delle normali condizioni detentive, necessarie in situazioni di particolare pericolosità, non possono avvenire fuori dal diritto costituzionale.